L'armistizio

Il 3 settembre 1943 l'ammiraglio De Courten, che era comandante in capo della Marina dal 25 luglio, fu convocato, insieme ai comandanti in capo dell'esercito e dell'aeronautica, da Badoglio, l'allora Capo del Governo e dal generale Ambrosio, capo del Comando supremo, per essere informato che erano state avviate delle trattative d'armistizio con gli alleati. Invece proprio quel giorno l'armistizio era stato concluso a Cassibile, in Sicilia, con la firma delle clausole (Short Military Armistice) da parte del plenipotenziario italiano generale Castellano, per parte italiana, e del generale americano Smith, da parte alleata. La decisione di non rendere pubblica la firma dell'armistizio, ovviamente approvato anche dal Re, era dettata da due motivi: il primo di non provocare reazioni da parte dei tedeschi, che erano già in allarme, ed in secondo luogo c'era un obbligo di segretezza convenuto con gli Alleati. Così la versione delle "trattative in corso" fu mantenuta fino al mezzogiorno del 6 settembre, data in cui fu consegnato all'ammiraglio De Courten un plico intitolato "Promemoria n° 1" che specificava le contromisure da prendere in caso di probabili atti di ostilità tedeschi, anche se non vi si spiegava perché ci dovessero essere tali ostilità. Gli fu concesso di darne notizia soltanto all'ammiraglio Sansonetti, sottocapo di S.M. e di comunicare verbalmente agli altri ammiragli le istruzioni riservatissime che il promemoria conteneva, cosa che fece convocando a Roma, per il giorno dopo una ristretta riunione di ammiragli.

Nella sera dello stesso 6 settembre l'ammiraglio De Courten venne poi convocato da Ambrosio, che gli consegnò un altro promemoria, firmato "Dick" (era il cognome del capo di Stato Maggiore dell'ammiraglio Cunningham, ma in seguito De Courten disse che non lo aveva capito) in cui si indicavano i porti alleati dove le navi italiane avessero dovuto consegnarsi in caso di armistizio. Ambrosio gli disse che non era molto importante perché era già stato chiesto agli Alleati di poter concentrare la flotta alla Maddalena, cioè in un porto nazionale, e che questi lo avrebbero certamente concesso, in tale occasione, De Courten venne informato che l'armistizio sarebbe stato dichiarato tra il 10 ed il 15 settembre, probabilmente il 12, ma certamente non prima del 10.

Sembra che gli Alti Comandi italiani non si rendessero conto, in quei giorni, del fatto determinante che l'Italia aveva perso la guerra e che, quando si perde, le condizioni di resa possono essere poste da solo uno dei due contendenti: il vincitore.

Facciamo un passo indietro: cosa aveva firmato Castellano? In poche parole una resa militare senza condizioni. Il governo italiano doveva ottemperare a quattro obblighi fondamentali, al momento della dichiarazione di armistizio:

  1. far cessare le ostilità da parte delle sue forze armate;
  2. trasferire navi ed aerei nei luoghi designati dal Comando alleato;
  3. negare ai tedeschi ogni tipo di aiuto;
  4. impiegare "tutte le forze disponibili" per il rispetto delle condizioni dell'armistizio.

Queste condizioni erano il massimo che gli Alleati potessero concedere, in quel momento, a Badoglio ed al Re: infatti, soprattutto la clausola 4 ed altri allegati ai documenti armistiziali, non relegavano l'Italia in uno stato passivo di nazione occupata ma la promuovevano ad uno stato attivo di collaborazione, oltre che gettare le basi di un futuro di "cobelligeranza". Infatti gli Alleati si erano resi conto della mutata situazione politica italiana, dalla cacciata di Mussolini, e speravano che avrebbe potuto facilitare lo sviluppo delle operazioni.

Torniamo al mattino del 7 settembre: De Courten si recò al Comando supremo per consegnare un promemoria di condizioni alternative al promemoria "Dick", ma non trovò Ambrosio perché, inconcepibilmente, era andato a Torino a trovare la famiglia. Il pomeriggio del 7 ebbe poi luogo a Roma la riunione degli ammiragli, presieduta da De Courten e da Sansonetti, sempre in vista di un possibile colpo di mano tedesco. Nessuno dei due relatori fa cenno a trattative in corso od al promemoria "Dick". Continua la danza degli equivoci.

La sera del 7 settembre De Courten si incontrò con il comandante tedesco Kesserling dove ripetè che la flotta italiana era pronta a partire per un'ultima missione suicida contro gli Alleati, già promessa da De Courten a Doenitz il 15 agosto e ribadita da Ambrosio a Kesserling il 21agosto; si portava avanti il doppio gioco.